Il Santuario dedicato a Maria Santissima di Pugliano, in Bianco, sorge sui resti di un monastero basiliano di cui, ancora oggi, si possono osservare alcune tracce di muri, che formano un angolo retto dietro l’abside.Numerose sono le testimonianze della presenza basiliana in Calabria dove, sparsi un po’ dovunque, si notano resti di abazie, cenobi, romitori: vedi, per fare solo qualche esempio, S. Maria dei Tridetti in territorio di Staiti, S. Nicodemo a Mammola e, nei pressi di Bivongi, S. Giovanni Theresti, che è stato recentemente restaurato ed oggi vi esercita il culto Padre Kosma, un monaco del monte Athos. Una descrizione molto dettagliata di quanti fossero e di come si operasse in questi monasteri si può ricavare dai verbali della visita che Atanasio Calceopulo (che sarà poi vescovo della diocesi di Gerace dal 1461 a 1497), in compagnia dell’Archimandrita Macario, effettua a questi monasteri tra cui quello di Bianco. E’ il Papa Callisto III, su proposta del cardinale Bessarione, a designare il Calceopulo quale ispettore dei 78 monasteri maschili e femminili disseminati in Calabria e in Campania.La visita, iniziata il primo ottobre del 1457, viene portata a termine il 5 aprile del 1458. Ma torniamo, ora, a quello che costituisce l’argomento principale del presente lavoro, cioé tentare di ricostruire la storia dell’ “antichissimo” (come afferma l’Oppedisano) monastero basiliano di Pugliano. Le notizie documentate coprono un arco di tempo di circa 13O anni, cioé dal 1326 al 1457; le riportiamo in ordine cronologico: nell’anno 1326 è abate del monastero frate Neofito, uomo onesto, un religioso appartenente all’ordine di S. Basilio; il monastero, in questo periodo, risulta tassato per 12 tarì (moneta aurea di origine araba). Un documento del 1359 ci informa che il vescovo di Gerace, Simone Atumano, riceve dal Papa Innocenzo IV delle raccomandazioni a favore di Ninfo de Zupardinis, archimandrita del monastero di S. Maria di Pugliano. Si tratta di liberare il monastero stesso, “propter paupertatem” (a causa della povertà), dall’obbligo del pagamento della tassa “pro communibus servitiis” (per i servizi comuni). Il 22 ottobre 1426, in seguito alla morte dell’abate Pirro o Pietro, il monastero di Pugliano, con il consenso del Vescovo di Gerace, Paolo, viene affidato a Robertus de Pallara, ma il Papa Martino V, dubitando della legittimità di questa elezione incarica l’abate di Popsi (oggi Polsi) affinché la confermi con l’autorità apostolica.Il 18 marzo 1444 è sempre l’abate “beate Marie de Popsi” che viene incaricato di confermare l’elezione di Dionigi Mittica ad abate di S. Maria di Pigliano, in seguito alla morte dell’abate Roberto.Il 14 settembre 1452, invece, è il Vescovo di Gerace, Gregorio Drositano, a ricevere da Papa Nicola V l’incarico di assegnare il monastero di S. Maria di Pugliano, vacante per la morte di “Masius de Terranova”, a “Marcus de Cantoribus”, monaco del monastero di S.Maria di Polsi. I proventi del monastero di Pugliano e della grangia (fabbricato, probabilmente adibito a magazzino, annesso al monastero) del S.Salvatore di Bianco ad esso canonicamente aggregato, sono valutati, in questo periodo, per 40 fiorini d’oro camerali (moneta commerciale in uso all’epoca).Il 3 novembre 1457 Calceopulo e Macario, nel loro giro d’ispezione ai vari monasteri, dopo aver visitato S. Nicola di Butramo, in territorio di Potamìa (oggi S.Luca), giungono al monastero di Pugliano di cui è abate Marcus; sembra, però, che abbiano effettuato la loro visita con una certa fretta “timore galearum” (per paura delle incursioni); trovandosi, infatti, il monastero poco lontano dalla spiaggia, non era difficile che si sarebbe potuto verificare, da un momento all’altro, uno sbarco di pirati turchi; del resto anche l’abate Marcus giustifica la sua continua assenza dal monastero “timore galearum”, ma, a quanto affermano il “prothopapa terrae Blanci” (arciprete della terra di Bianco) e gli altri due testimoni: Costa Nuctica de Blanco e Anucus de Brito, interrogati dal Calceopulo, sono ben altri e non tanto onesti i motivi che lo tengono ripetutamente lontano dal monastero. Infatti, dopo l’interrogatorio, l’abate Marcus viene rispedito a Polsi per stare sotto l’obbedienza dell’abate Gerasimo, che è un sant’uomo. Nel verbale della visita viene redatto l’inventario dei beni del monastero, da cui risulta che esso possiede anche una casa e una vigna. Dopo l’allontanamento dell’abate Marco non si hanno più notizie del monastero che, molto probabilmente, subisce la stessa sorte di altre abbazie basiliane, cioè verso la fine del secolo XV, con il cambiamento del rito greco in latino (mercoledì santo dell’anno 1480), viene abbandonato e, naturalmente, va in rovina.Infatti, quando nell’anno 1551, Marcello Bazio, detto Terracina, abate commendatario di S. Pietro d’Arena e Paolo di Cosenza, monaco dello stesso monastero, su proposta del Papa Giulio III, effettuano un’altra visita ai monasteri basiliani della Calabria non menzionano parecchi di quelli già visitati dal Calceopulo circa un secolo prima e tra questi S. Maria di Pugliano in Bianco. Ciò significa, a nostro avviso, che in questo periodo, essi, molto probabilmente, non esistevano più. I due ispettori, nei loro verbali, annotano con rammarico che tanti altri sono divenuti ricettacolo di briganti e di bestie e che quelli che sorgevano a poca distanza dalla spiaggia sono stati quasi tutti devastati dalle incursioni dei Turchi. Fortunatamente, alcuni vengono trovati ancora in buono stato ma sono retti, in maggioranza, da abati commendatari o da sacerdoti secolari con il titolo di abate che esercitano il culto in rito latino. Il rito greco, comunque, non è del tutto scomparso; infatti Marcello e Paolo, nel loro giro ispettivo, trovano alcuni monasteri (vedi S. Anna e S. Pantaleone in Gerace) dove si continua ancora ad esercitare il culto seguendo tale rito. Il monastero di Pugliano verrà ricostruito e sarà denominato santuario, ma sulla data della sua ricostruzione non abbiamo notizie certe, sappiamo però che, nel secolo XVII, secondo quanto si legge in Ughelli: “Italia sacra”, esso risulta commendato per 700 scudi e aggregato alla cappella del presepe di S. Maria Maggiore in Roma. Nel 1750 ne è abate commendatario il cardinale Albano. Il santuario subisce dei danni con il terremoto del 1783, mentre è abate Filippo Salvadori di Bianco e, qualche anno dopo, perde parte dei suoi beni perchè vengono venduti con la famosa Cassa Sacra istituita dal regno di Napoli il 4 giugno 1784.In questo stesso anno, quando si tratta di scegliere una nuova sede per il trasferimento degli abitanti di Bianco vecchio che hanno perso le loro abitazioni a causa del sisma, la zona prescelta è proprio quella dove sorge il santuario di Pugliano, in cui si venera una immagine della Madonna che diventa, così, la patrona del paese e viene festeggiata con grande solennità il giorno dell’Assunta, cioè il 15 agosto. Non si sa se il santuario, in qualche periodo, abbia costituito parrocchia a se stante oppure sia stato sempre aggregato alla chiesa matrice. Abbiamo notizia che nel 1785 esisteva una confraternita sotto il titolo di Pugliano, ma non sappiamo fino a quando sia esistita, nè se si sia sciolta o sia stata sciolta, siamo, però, a conoscenza che l’arciprete Dama, nel 1912 fonderà quella del Carmine.Durante alcuni lavori di restauro, effettuati negli anni 1966/67 (era arciprete Don Pasquale Palamara), sotto il pavimento, sono stati rinvenuti scheletri umani per cui si presume che, per un certo tempo, il santuario sia stato adibito anche a cimitero.Durante l’anno mariano (1954), viene inserito tra le chiese da visitare per lucrare le indulgenze e il 31 maggio 1960 il Vescovo, Mons. M. Pacifico Perantoni, (boll. dioc. 1960 n. 4-6 pp. 31-41) lo annovera tra i santuari maggiori della diocesi assieme a quelli di S.Maria di Polsi, della Madonna della Grotta in Bombile d’Ardore e di S. Maria delle Grazie in S. Giovanni di Gerace.Nella seconda metà degli anni ’80 l’allora parroco, P. Emanuele Tognazza provvede, anche con il contributo dei fedeli, al restauro sia dell’interno che dell’esterno.E’ durante questo restauro che viene costruita la saletta adiacente al santuario, utilizzando alcuni muri già esistenti e che il Minuto ipotizza appartenenti ad una chiesa, più antica dell’attuale, in quanto il lato sud-ovest si presenta absidato.Ulteriori importanti interventi sono già stati effettuati dall’attuale parroco P. Achille Valsecchi ed altri ancora necessitano, specialmente per quanto riguarda il tetto.Qualche osservazione va fatta circa il nome del santuario che presenta delle varianti; infatti nel “Liber visitationis” viene denominato monastero di “Pigliano”, in Lubin “Abbatiarum Italiae” e in Ughelli “Italia sacra” troviamo “Piliano”, in qualche altro testo si legge ora “Pilliano” ora “Pulliano” da cui poi si giunge a “Pigliano” e, infine, a “Pugliano”.Perchè “Pugliano”? Le ipotesi avanzate circa questo nome sarebbero due: o per il fatto che il quadro venne portato da abitanti della Puglia (e questa, a parer nostro, è la più verosimile) o esso deriverebbe dal vocabolo greco “pule”, che significa porta, perchè l’antica e prima immagine giunta a noi sarebbe simile a quelle Madonne bizantine che venivano poste alle porte d’ingresso delle città. (Per le notizie riportate si veda il bollettino parrocchiale 2005 “Il Santuario della Madonna di Pugliano” di Elisetta Muscatello, e il libro scritto in collaborazione con il prof. Enzo D’Agostino: “Il monastero e la chiesa di Santa Maria di Pugliano”).